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Il segreto della vita attiva



Le novità apportate dalla continuazione degli studi sul contesto storico nel quale nasce la Tomba hanno consentito di precisare alcune circostanze di rilievo a proposito del progetto teologico che riguarda il monumento nell’ultima fase della sua creazione. Nella Chiesa di San Silvestro al Quirinale, assiduamente frequentata a partire dal 1538 da Vittoria Colonna e Michelangelo, insieme al gruppo degli “Spirituali”, è stata riscontrata la presenza di una Maddalena dipinta intorno al 1530 da Polidoro da Caravaggio che senza ombra di dubbio fu il precedente iconografico della discussa “Vita Attiva”, posta da Michelangelo alla sinistra del Mosè per simboleggiare le “Opere” e, più in generale, la “Carità”.

Vittoria Colonna, colta principessa romana, può in particolare considerarsi la vera ispiratrice del programma iconografico della Tomba, essendo nota agli studiosi la sua predilezione per la figura della Maddalena come simbolo perfetto della Carità e delle buone opere, attraverso le quali, il cristiano toccato dalla fede viva illumina la profondità della propria passione religiosa. Solo con la forte influenza di Vittoria si può spiegare il ricorso di Michelangelo ad una “invenzione” formale di un altro artista, episodio che nella sua enorme produzione non è mai riscontrato con tanta chiarezza. Un rinvenimento che rivela aspetti ancora sconosciuti della creatività del maestro negli ultimi anni della sua vita. La figura di Maddalena dipinta da Polidoro reca in mano un oggetto che si identifica come un vaso contenente l’olio che alimenta la fiamma dell’ardore cristiano o l’unguento che lenisce le ferite del Cristo.

La forte influenza di Vittoria esercitata su Michelangelo viene così ribadita dalla scoperta e illumina anche un altro enigmatico aspetto legato alla fase finale della realizzazione della Tombala rilavorazione della statua del Mosè nel 1542, con lo spostamento a sinistra del volto. Nel processo intentato dall’Inquisizione al cardinale Giovanni Morone, il cardinale, esponente di spicco del gruppo degli Spirituali e legato a Michelangelo da una profonda amicizia, viene accusato di eresia non solo per la stretta frequentazione con Vittoria Colonna ma anche per il disprezzo che nutriva (sempre influenzato da Vittoria) per le reliquie venerate dalla superstizione cristiana, tra cui proprio quelle dei “vincoli” di San Pietro onorate nella Basilica.

Una circostanza così puntuale, sottolineata nei verbali dell’Inquisizione, non può non essere collegata alla scelta di Michelangelo di svoltare il viso di Mosè per distoglierlo dall’Altare dei Vincoli che si trovava di fronte e per cercare la luce proveniente dalla finestra collocata nella parete destra del transetto (poi murata) e che, nella poetica michelangiolesca degli anni quaranta, simboleggia la relazione diretta che lega l’uomo toccato dalla fede a Dio.