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Restauri in Campania

ARCO DI BENEVENTO
Via Traiano
Benevento

L'Arco di Traiano, è stato costruito nel 114 all'inizio della via Traiana che da Benevento conduceva a Brindisi. L’Arco, stretto tra le mura urbiche, è il monumento che testimonia le imprese condotte dall’imperatore durante il decennio del suo Governo. Per lungo tempo, infatti, fu porta della città, per questo viene anche volgarmente chiamato Port'Aurea. Il monumento, attraverso rilievi, racconta l'opera traianea che si sviluppa sulle facciate dell'arco ed è suddivisibile in tre gruppi. Sulla facciata rivolta verso la campagna e quindi verso la via Traiana, si celebra la pacificazione e lo sviluppo delle province; sulla facciata che guarda la città, opposta alla prima, sono raffigurati attraverso immagini i successi che Traiano ebbe a Roma; sui due lati centrali sono raffigurati i rapporti che l'Imperatore ebbe proprio con la Città di Benevento. Al centro della volta, infine, è descritto il culmine del successo di Traiano allegoricamente incoronato dalla Vittoria.

Da visitare perché
E' il più ricco e uno dei meglio conservati archi trionfali romani, oltre ad essere una lezione di storia per immagini.

Il restauro
L'intervento si è articolato nella pulitura e nel restauro dei pannelli figurativi dell'Arco; nel consolidamento della copertura e delle volte.

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La chiesa longobarda di S.Ilario, risalente al VII secolo, si trova nel Rione Ponticello, alle spalle dell'Arco di Traiano; questo spiega il suo nome "a Porta Aurea" ulteriore appellativo dell'Arco di Trionfo, simbolo della città di Benevento. La chiesa, che si erge in uno spazio piuttosto nascosto, grazie alla fitta vegetazione presente, è costituita da una piccola abside e da due cupole di diversa altezza, racchiuse in una struttura a torre quadrata con tetto a padiglione. Nel dicembre 2004, durante le fasi di restauro, è stato inaugurato presso la chiesa il Museo "I racconti dell'Arco" che, grazie all'allestimento di supporti audiovisivi, offre ai visitatori una preziosa testimonianza sulla storia della Roma imperiale e dell'Arco.

Da visitare perché
E' la memoria storica del culto cristiano del Sannio Beneventano ed una testimonianza della storia di Roma dell'epoca imperiale.

Il restauro
All'esterno, sono stati restaurati e consolidati i paramenti murari del complesso conventuale, restituito grazie all'ampliamento dello scavo archeologico. Con l'obiettivo di destinarlo a sede del Museo dell'Arco, l'intervento di restauro della chiesa di S.Ilario si è concentrato sul consolidamento delle strutture murarie e delle volte, con piccoli interventi di cuci e scuci, scarnitura delle vecchie malte, iniezioni e sigillatura con malta. Per il consolidamento del tetto, al di sopra delle volte, sono stati sostituiti i travetti in ferro, gravemente ossidati, con un'orditura di travi in legno, opportunamente trattati, poggianti su un anello perimetrale in legno lamellare, revisionando e integrando il manto di tegole. Per consentire la visione globale della chiesa di S.Ilario e la sua lettura storico-stratigrafica, è stata realizzata, all'interno, una passerella che, partendo dall'entrata principale, attraversa tutta la chiesa. Sulle pareti laterali delle due aule, con l'ausilio di proiettori installati su di un traliccio sospeso, ad altezza opportuna, scorrono le immagini del filmato rievocativo delle gesta dell'Imperatore Traiano.

PARCO ARCHEOLOGICO
DI SANT'ILARIO
Benevento

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REGGIA DI CARDITELLO
San Tammaro
Caserta

La tenuta di Carditello era in origine soltanto un modesto casale rustico, in una zona acquitrinosa che Carlo III di Borbone acquistò nel 1745 per farne un rifugio per la caccia e un “sito reale” come quelli di Capodimonte a Napoli, della stessa Caserta, di Portici, di Procida, di Licola e di Persano. Il progetto, o meglio il rifacimento della masseria La Foresta, com’era allora chiamato il casale, fu affidato a Luigi Vanvitelli, che ideò un articolato complesso edilizio con una palazzina centrale e due corpi di fabbrica laterali, con annessa chiesa. Il tutto si presenta come un singolare esempio dell'architettura barocca innovata profondamente dal grande architetto, autore della reggia e del parco di Caserta. A Carditello i Borbone andavano a caccia e a cavallo, vi allevavano le bufale e producevano la mozzarella. Al piano terra le stalle e il caseificio, al primo piano l'appartamento nobile, uniti da scale che simboleggiavano l'assenza di barriere tra la nobiltà e i contadini. La tenuta di Carditello ospita oggi il Museo della Civiltà Contadina.

Da visitare perché
La reggia di Carditello riporta il visitatore alle atmosfere campestri della vita settecentesca: caccia, equitazione e le prime mozzarelle di bufala.

Il restauro
Sono stati recuperati: la palazzina centrale, il corpo orientale della scuderia e della sala monta.

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La zona di Paestum fu colonizzata dai Greci di Sibari nel VII secolo a.C. e prese il nome di Poseidonia. Divenne ben presto una florida città grazie alle attività agricole e commerciali. A questo periodo risale la costruzione dei tre templi noti col nome di Basilica, Tempio di Poseidone e Tempio di Cerere, coevi a quell’unico affresco greco finora scoperto, nella Tomba del Tuffatore.
Nel 273 a.C. i Romani occuparono Poseidonia che così divenne la fedele Paestum romana, dimostrandosi vicina a Roma nei momenti più drammatici della sua storia. Durante il periodo romano, nel III secolo, le attività economiche e culturali fiorirono nuovamente: sorsero nuovi edifici pubblici, come l’Anfiteatro, il Foro e il Ginnasio, che contribuirono a donare alla città quell’aspetto che gli scavi hanno riportato alla luce. Tra i fattori che portarono al declino di Paestum, la realizzazione di nuove strade per il commercio in Oriente, che finirono per isolare irrimediabilmente la città dalle principali vie commerciali, e l’epidemia di malaria del IX secolo che costrinsero i Pestani a rifugiarsi sui monti e ad abbandonare l’antica Poseidonia.
Le rovine, rivalutate nel XVIII secolo sotto Carlo di Borbone, consistono essenzialmente nelle mura, nei quattro templi conservati (Basilica, Tempio di Cerere, Tempio di Nettuno, Tempio italico), nell'Anfiteatro, nella Via Sacra e in altri resti. La città possiede una pianta quadrata ed era attraversata da due vie principali: cardo e decumano.

Da visitare perché
E' uno dei più importanti centri archeologici d'Italia.

Il restauro
Il restauro, finanziato dai fondi del Gioco del Lotto, ha interessato il trattamento dei colonnati est e nord e dei basamenti della Basilica e del Tempio di Nettuno, con il preciso intento di rispettare il più possibile l'esistente nel pieno rispetto della storia di questi monumenti e del loro contesto archeologico. Nello specifico, l'intervento è consistito nella pulitura della pietra, nel fissaggio di frammenti lapidei distaccati e in operazioni di stuccatura delle discontinuità e delle cavità della pietra per eliminare, o quantomeno rallentare, le cause di degrado.

CITTA' ANTICA DI PAESTUM
Via Magna Grecia 151
Paestum (CE)

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TEATRO IN PIETRA
DELL'ANTICA CALES
Calvi Risorta (CE)

Le origini di Cales preromana sono leggendarie e si perdono nella notte dei tempi. Zona di cuscinetto tra il Lazio e il Sannio, Cales era contesa da entrambi per la sua posizione strategica. Nel 420 a.C. i Romani, sconfitti i Sanniti che l'occupavano, la ridussero a Colonia romana con diritto di conservare cittadinanza ed amministrazione propria. Paradossalmente fu proprio da colonia romana che Cales attraversò un periodo di grande prosperità. Dell'antica Cales, oggi, non rimangono che pochissimi ruderi in totale abbandono. Il Teatro in Pietra dell'Antica Cales fu costruito nella seconda metà del I secolo a.C. La sua particolarità è l'architettura della cavea, mai riscontrata negli altri teatri antichi. La cavea, infatti, completamente staccata dal terreno poggia su un sistema d’arcate che presenta una particolarità unica. Ognuna delle dodici arcate interne, alla metà circa dello sviluppo delle strutture si sdoppia, così che sul prospetto esterno in curva si contano ventiquattro arcate. Alle chiavi delle arcate interne si innesta un muro radiale sul quale poggiano le due nuove volte risultate dallo sdoppiamento della prima. La parte descritta costituisce la seconda fase di ampliamento di un edificio teatrale più antico del quale si conservano importanti tracce. Purtroppo le decorazioni sono state trafugate in seguito a scavi abusivi, ma rimangono notevoli quantità di frammenti marmorei e degli elementi architettonici in marmo e tufo.

Da visitare perché
Visitando il teatro si può ammirare un'architettura unica, mai riscontrata in altri teatri antichi. Esempio del genio e dell'estro dei Romani.

Il restauro
Scavi archeologici e restauro dei reperti rinvenuti.

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La fondazione della Reggia di Caserta rientra nella vasta opera di riorganizzazione del regno di Napoli intrapresa da Carlo di Borbone, re delle Due Sicilie, già nel 1734. Nuova Versailles, doveva simboleggiare sia il prestigio della monarchia, sia costituire una sede più sicura di Napoli, esposta ai bombardamenti della flotta inglese. Nel 1750 Carlo acquista dalla famiglia Acquaviva il territorio ai piedi dei monti Tifatini, dove si trovavano un piccolo villaggio e una torre piramidale, e chiede al papa Benedetto XIV di poter assumere Luigi Vanvitelli, un architetto napoletano di origine olandese, che stava lavorando alla preparazione del Giubileo del 1750. La costruzione iniziò nel 1752. Sette anni dopo, al culmine dei lavori, Carlo lasciò Napoli per trasferirsi a Madrid come sovrano di Spagna. Alla morte di Vanvitelli, nel 1773, l’opera non era ancora completata e i lavori proseguirono fino alla metà del secolo successivo.
La reggia è a pianta rettangolare e l’area interna si divide in quattro, con altrettanti cortili divisi da un solenne atrio a tre navate con due bracci trasversali. Comprende 1.200 stanze, 34 scale, 1472 finestre. Il grande complesso, che fa parte del patrimonio dell'umanità dell'Unesco, comprende anche il parco di 120 ettari, con sculture, fontane e il giardino inglese.

Da visitare perché
E' un capolavoro grandioso e una delle regge più belle del mondo, paragonabile solo a Versailles.

REGGIA DI CASERTA
Via Douet
Caserta

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ALBERGO DEI POVERI
Piazza Carlo III
Napoli

La progettazione del Real Albergo dei Poveri fu affidata da Carlo III di Borbone all'architetto fiorentino Ferdinando Fuga, che cominciò a progettarlo nel 1751.
L'edificio avrebbe dovuto ospitare fino a 8.000 poveri della città, "i poveri di tutto il regno", come recita l'epigrafe latina all'ingresso, divisi rigidamente per classi, sesso ed età: di qui la strutturazione in corpi separati e in grandi cortili. Fuga dovette ridimensionare il progetto originario, tanto che l'edificio attuale è solo la quinta parte di quello progettato. Nondimeno rimane grandioso, con le sue oltre 230 stanze e 20.000 metri quadri di spazi che lo rendono secondo per estensione solo al Louvre. La sua architettura, oltre la fredda facciata principale affacciata su Piazza Carlo III, si presenta come una sorta di rudere archeologico mutilato, orizzontalmente e verticalmente, rispetto alla sua struttura originaria. Caratteristica quest’ultima che definisce un edificio bifronte, finito sul prospetto principale e non finito sul fronte postico, concretizzazione architettonica di un’utopia progettuale ideata nel secolo dei lumi.
Gravemente danneggiato durante il terremoto del 1980, fu acquistato dal patrimonio comunale nel 1981 ma è rimasto chiuso e abbandonato per oltre vent'anni.

Da visitare perché
E’ uno dei più bei palazzi d'Italia.

Il restauro
Il restauro del Real Albergo dei Poveri prevede il consolidamento e la messa in sicurezza delle parti semicrollate, la ricostruzione delle volte crollate e il restauro del lungo fronte su Piazza Carlo III. Una volta ultimato il restauro, l'intero complesso sarà destinato alla Città dei Giovani, un centro multifunzionale per la cultura, l'accoglienza, la formazione, tra i più grandi del mondo.
La parte restaurata con i fondi Lotto sarà donata all'Università Federico II di Napoli.

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Castel Sant'Elmo non fu solo una delle più importanti fortezze del Regno di Napoli, ma rappresentò il fulcro del compatto sistema difensivo progettato dal vicerè Pedro da Toledo. Belforte (questo il nome originario del castello) vede la luce sotto il regno di Carlo I d'Angiò, nel 1275. La struttura è quella di un palatium medioevale, di forma quadrata e fortificato con mura e torri sul lato frontale.
Nel corso degli anni subì varie modifiche e fortificazioni che gli valsero il nome di "Castrum Sancti Erasmi", in onore di Sant'Erasmo, al quale fu dedicata anche una cappelletta.
Nel '500, sotto Carlo V, Don Pedro da Toledo volle la ricostruzione del Castrum, che fu eseguita su progetto dell'architetto Pedro Luis Escrivà secondo un particolare schema chiamato "a doppia mandata", con sporgenze e rientranze simmetriche per la sistemazione delle artiglierie. L'impianto stellare a sei punte era funzionale all'utilizzo di pochi uomini e armi per la difesa del forte. Nei documenti di quegli anni gli autori si riferiscono al Belforte con il nome di "San Telmo", dal nome di un santo spagnolo. Usato sia a difesa, che contro la città, è stato al centro dei più importanti avvenimenti napoletani, dalla rivolta di Masaniello alla Repubblica Napoletana del 1799. Molti i prigionieri illustri, tra i quali Tommaso Campanella e Luisa Sanfelice.

Da visitare perché
Dall'alto di quella che fu una delle fortezze più inespugnabili di tutti i tempi, l'occhio si perde in un panorama mozzafiato.

CASTEL SANT'ELMO
Via Tito Angelini 20
Napoli

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CERTOSA E MUSEO
DI SAN MARTINO
Largo San Martino 5
Napoli

La Certosa, dedicata a San Martino vescovo di Tours, venne fondata nel 1325 per volere di Carlo, duca di Calabria, figlio di Roberto D’Angiò. L’enorme struttura è opera del senese Tino di Camaino e di Attanasio Primario, che la realizzarono nel secolo successivo secondo i canoni architettonici dell’ordine e la regola indicata dal fondatore San Bruno di Colonia. Nella chiesa oggi resta ben poco della spoglia struttura gotica originaria, profondamente modificata dai rimaneggiamenti successivi. Tra la fine del '500 e il '700 l’intero monastero subì profonde trasformazioni. Mantengono l’antico aspetto i suggestivi sotterranei, che oggi ospitano la sezione del museo dedicata alla scultura.
Il museo fu aperto al pubblico nel 1866, all'indomani dell'Unità d'Italia, dopo che la Certosa, inclusa tra i beni ecclesiastici soppressi, fu dichiarata Monumento Nazionale. Il nucleo fondamentale del museo è costituito dalla Sezione Storica, che raccoglie testimonianze della storia politica, economica e sociale del Regno di Napoli. L'unicità del Museo di San Martino è costituita dalla ricca collezione di presepi, esposti in ambienti dove un tempo sorgeva la cucina della Certosa, che formano la raccolta pubblica più rappresentativa di questa singolare forma d'arte napoletana che toccò il suo vertice tra '700 e '800.

Da visitare perché
Attraverso architettura, scultura, dipinti, presepi e una successione unica di logge e giardini, è la testimonianza spettacolare della civiltà napoletana del '600.

Il restauro
Il programma di restauro è stato di grande respiro e ripropone ai visitatori lo straordinario patrimonio artistico e storico della Certosa nel museo completamente rinnovato.

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Il duomo, attraverso una ripida scalinata, domina la piazza dedicata anch'essa a S.Andrea. Fu fondato nel IX secolo e rifatto a partire dal 1203 in forme arabo-normanne.
La facciata, di particolare bellezza, presenta delle affascinanti decorazioni a mosaico nella parte superiore, che rappresentano Cristo in trono tra i simboli degli Evangelisti e la podestà terrena.
A sinistra della facciata si innalza il campanile iniziato nel 1180 e concluso nel 1276. Gli elementi architettonici sono di derivazione normanna mentre la cupola variopinta e decorata in maiolica (tipo di ceramica) è di ispirazione araba. L'interno della chiesa, rifatto in stile barocco, è suddiviso in tre navate. Il soffitto della navata centrale è interamente decorato con dipinti realizzati dalla mano di Andrea D'Aste.
Da visitare la cripta del 1253, nella quale sono conservate le reliquie di S. Andrea; molto suggestiva è la cappella del Crocifisso caratterizzata da elementi duecenteschi. A sinistra del duomo si apre il Chiostro del Paradiso fatto costruire tra il 1266-1268 in funzione di cimitero per i cittadini illustri.

Da visitare perché
E' il monumento più importante di tutta la costiera Amalfitana.

DUOMO DI SANT'ANDREA
Piazza Duomo
Amalfi (SA)

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PARCO ARCHEOLOGICO
DI VELIA
Contrada Piana
di Velia Ascea Marina (SA)

Secondo Erodoto Velia fu fondata nel 540 a.C. da coloni Focei in fuga da Ciro. Il primo nome della città fu "Yele", per diventare poi "Elea" in Platone e infine "Velia" in Plinio nel "Naturalis Historia".
Se nella storia civile non fu una provincia di spicco, sicuramente lo fu nella storia intellettuale: qui sorse, infatti, una scuola di filosofia, l'"Eleatica" appunto, fondata da Senofane di Colofone, che ebbe il suo principale rappresentante in Parmenide. Dal punto di vista strutturale la città presentava un nucleo più antico e due quartieri aggiunti nel V sec. a.C., uno più "residenziale", a sud, comprendeva la maggior parte delle abitazioni e complessi pubblici, mentre quello a nord aveva un carattere più "industriale" e artigianale.
Gli scavi, iniziati nel 1921 sono proseguiti per tutto il '900 portando alla luce tutti i monumenti che oggi compongono il Parco Archeologico di Elea-Velia. Le meraviglie sono davvero tante, il Tempio di Athena, i due teatri, l'Agorà con il suo colonnato, la Via Sacra, dove si trova forse il più importante e sicuramente più rappresentativo monumento dell'Area Archeologica di Velia, la Porta Rosa, scoperta negli anni sessanta del secolo scorso e divenuta il simbolo del forte impulso che la ricerca archeologica ebbe in quel periodo nella zona e che portò Velia alla ribalta internazionale fino a farla entrare, nel 1998, nel patrimonio mondiale dell'Unesco.

Da visitare perché
E' una meraviglia dell'antichità, testimonianza della volontà di valorizzazione e conservazione del nostro patrimonio culturale.

Il restauro
L'intervento ha riguardato le insulae di età romana che si trovano alle falde dell'Acropoli, nel quartiere meridionale: nello specifico si è proceduto al restauro delle domus e del complesso di età augustea. E' stato inoltre effettuato il restauro del tratto di mura urbiche che in antico delimitava il quartiere sul mare.

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Il palazzo Capua, fatto costruire alla fine del '700 dalla famiglia sarnese degli Ungari, è situato nel centro storico di Sarno e rappresenta uno dei massimi esempi di architettura dell'epoca conservati in città. E' caratterizzato da una pianta quadrilatera con ampio cortile centrale. Sul cortile si apre una scala monumentale a due rami grazie alla quale è possibile accedere all'edificio. Gli ambienti interni del palazzo sono disposti a filiera, secondo una tipologia distributiva propria dell'epoca di costruzione. Alcune sale sono decorate con stucchi e pitture tardo ottocentesche.
L'edificio è destinato a ospitare il Museo Nazionale della Valle del Sarno, dove saranno esposti reperti della civiltà fiorita nell’agro sarnese dall’età del ferro ai Romani. Si tratta per lo più di corredi tombali; inoltre si vedranno le statuine ellenistiche votive provenienti dal santuario di Foce.

Da visitare perché
Rappresenta uno dei massimi esempi di architettura dell'epoca conservati in città.

PALAZZO CAPUA
Via Cavour 9
Sarno (SA)